lunedì 14 dicembre 2015

Io mi commuovo fortissimo.

In uno dei suoi libri bellissimi dal titolo “Che cos’è un bambino”, Beatrice Alemagna scrive “I bambini piangono forte, per farsi sentire bene”.
E ha ragione.

I bambini piangono con i pugni serrati, con la gabbia toracica spalancata e i sentimenti che scappano via da tutte le parti. Le lacrime piovono a dirotto e noi lasciamo che ci inzuppino la faccia: da loro non cerchiamo mai riparo.

Anche adesso che ho cinque anni e mezzo e sto per diventare una sorellona maggiore con certe responsabilità, io piango forte e chiaro.
E non solo quando mi faccio male o quando sono arrabbiata, piango in grande anche quando sono triste per un personaggio dei film o dei cartoni animati, per quella cosa che la mamma dice si chiama empatia e tutto questo vuol dire “commuoversi”.

Ecco, io mi commuovo fortissimo.

Come ieri ad esempio, quando stavamo guardando Big Hero 6 e io l’avevo capito che Baymax non ce l’avrebbe fatta ed era una gran fregatura perché tutti i cartoni dovrebbero avere un lieto fine e lo so che Hiro dopo lo ricostruisce, ma non è la stessa cosa. 
Così mi sono commossa con tutta la voce che avevo in corpo e mi sono commossa per una buona mezz’ora.
E anche la Ragazza si è commossa, si capisce, ma lei si commuove sempre in silenzio, poi scoppia a ridere, come a vergognarsi di quelle lacrime.
Ma secondo me c’è poco da ridere, commuoversi è una cosa seria.

E per fortuna ieri eravamo a casa e non al cinema, perché io nelle sale do il meglio di me.
Al cinema piango tutte, tutte le volte.
È che in ogni storia arriva sempre il momento in cui il buono deve affrontare il cattivo e le immagini diventano veloci e confuse, e sono così grandi e i suoni così alti e prepotenti che mi entrano da tutte le parti e tutte queste immagini e suoni e sentimenti ci stanno troppo stretti in un corpo così piccolo e da qualche parte devono pur uscire, allora io li sciolgo in grossissime lacrime e li butto fuori urlando, con la gente che si strozza con i popcorn e tutti che si girano verso di noi.
Mia madre allora fa strane smorfie per minimizzare, cercando di tranquillizzare i curiosi “non è niente, adesso passa, è solo il momento clou”.

Allora io mi chiedo quando arriva quell’età.
Quando arriva quel momento in cui il pianto perde la voce.
Che avrebbe tanto da dire e invece sta zitto.

Quando compare il termine “sommessamente” e le lacrime cominciano a scendere afone e impercettibili, scacciate via sul nascere con un gesto. 
Un gesto da poco, come a dire “non è niente, adesso passa, è solo il momento clou”.

Illustrazione di Beatrice Alemagna "Che cos'è un bambino".

3 commenti:

  1. Sei tornata, e sei magica come sempre. Un abbraccio e piangi tutte le volte che vuoi al cinema, e a casa, ovunque tu veda una cosa che ti fa scoppiare il cuore!

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