Il mio già nutrito entourage familiare prevede di tanto in tanto la presenza di altre due persone: i Signori di Giù. I Signori di Giù sono due personaggi dotati di infaticabile entusiasmo. Quando arrivano loro la casa diventa più piccola. Portano di tutto. La frutta di giù, la verdura di giù, il pesce di giù, le mozzarelle di giù, le cime di rape di giù, il pane di giù, le friselle di giù. Perché qua, dicono, non ci sono.
La Signora di Giù mi insegna 237 canzoncine al secondo e il bello è che io le imparo quasi tutte, così quando la sera viene la Ragazza, la stupisco con effetti speciali. Il Signore di Giù invece mi prende e mi piazza sulla spalla e io guardo tutto con occhi nuovi, perché non sono mai stata così in alto.
Sono proprio simpatici i Signori di Giù. Solo che, diamine, hanno un grave problema di emotività. Quando arrivano piangono, quando dico nonna piangono, quando dico nonno piangono, quando cammino piangono, quando ballo piangono, quando dò un bacino piangono. Però non lo danno a vedere, o almeno credono.
L'altra settimana mi hanno salutata più forte e baciata più forte e hanno pianto un po' più forte. Poi non li ho visti per qualche giorno. Mi chiedevo dove fossero, ma alla fine ho capito. I Signori di Giù abitano dentro al computer. In una casetta quadrata che si chiama Skype. E anche lì quando li vado a trovare, un po' piangono.
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