venerdì 13 dicembre 2013

Antropologia culturale.

Da grande voglio fare l'antropologa.


Le persone  mi affascinano, mi attirano come calamite.

Per essere una brava professionista, sto studiando già da ora, non è mai troppo presto per imparare, no?

Così capita che, nel bel mezzo della cena al ristorante, io sgattaioli via dal mio posto e vada in cerca di soggetti interessanti da sottoporre alle mie indagini. 
Dopo un po' mi trovano in piedi, dritta come un fuso, a due centimetri dal tavolo prescelto a fissare i commensali.
Li fisso muta, senza quasi battere le ciglia. 
Resto lì immobile e non mi sposto.

I soggetti dei miei studi spesso mi sorridono, provano a scambiare con me due parole, mi chiedono come mi chiamo, ma io non rispondo e resto lì ferma immobile a fissare.
E dopo un pochino si imbarazzano.
Ma io non mollo.
Culo pinzo, petto in fuori, braccia lungo i fianchi, occhi fissi e perforanti, io non mollo. Resto lì, come incantata. In realtà sto prendendo appunti con la mente, formulando teorie.

La maggior parte delle volte interviene mia madre, scusandosi e portandomi via di peso.

Faccio lo stesso in piscina, nell'angolo dei fon. Mi piazzo a due centimetri e scruto le ragazzine più grandi che si asciugano i capelli e parlano di Instagram, di ragazzi e di feste della scuola.

Mia madre arriva, si scusa e mi porta via.
Perché si scusa poi non lo capisco, lei è la mia grande maestra.
Quella che a cena fa finta di parlare con mio padre, ma in realtà annuisce e guarda oltre le sue spalle per non perdere un secondo della litigata dei vicini di tavolo.
Quella che ispeziona la spesa di chi la precede alla cassa del supermercato, facendo congetture sulla sua vita, avendo come unici elementi le birre in lattina, le lamette Bic e le buste di 4 salti in padella (single o divorziato, di sicuro).
Quella che si fa un giro in autobus solo per fissare le persone e immaginarne le storie, per poi tornare a casa e scrivere raccontini che legge solo lei.

Mia madre dice che tutto ciò non si chiama farsiicazzideglialtri, si chiama AntropoMANIA.
E io da grande voglio diventare brava come lei.




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