Mi piace questa storia del Natale. Tutte queste luci in città e nelle case, tutte queste palline da distruggere, fiocchi da staccare, addobbi da assaggiare. Un sacco di input e di output.
Sono tre settimane che mi mettono davanti pacchi di ogni forma e dimensione e mi permettono di fare il gioco più bello del mondo: strappare la carta. Adoro la carta.
I suoi colori e spesso il suo bianco candido, il rumore che fa quando la stropicci, quando la sfogli, quando la accartocci. Il suo sapore come di colla.
Credo però che sia annoverata tra le sostanze stupefacenti illegali, perché ogni volta che tento di assaggiarla la Ragazza e il Tipo Alto si fiondano su di me e ingaggiano una lotta a chi tira e strappa di più. Quasi sempre vincono loro. A volte arrivano addirittura a perquisirmi il cavo orale con un dito. E va bene te la sputo la tua carta, e che diamine.
Ma torniamo a noi. La mattina del 25 dicembre I Due si sono svegliati cantando delle strane canzoncine. Parlavano di neve che cade giù dal ciel, lenta; di qualcuno che scende, pensate un po', dalle stelle; di campanelli che fanno din don dan din don dan che felicità, wè! Sono andati avanti così tutta la mattina. Poi finalmente mi hanno messa a sedere sotto l'albero, c'erano pacchi dappertutto e potevo aprirli tutti. Non ci stavo più dentro. Non chiedetemi cosa ci fosse dentro quelle scatole perché vi risponderei chisenefrega: io dopo due minuti sguazzavo in un mare di carta colorata e ciucciavo i nastrini come spaghetti.
Che figata il Natale. Beh, ad essere sinceri un lato negativo ce l'ha: è un mese che la Ragazza mi veste di rosso. Ho provato tutti i rossi della scala Pantone. Ieri davanti allo specchio ho avuto una crisi d'identità. Non sapevo più se ero io, il Gabibbo o Babbo Natale. Che poi, Ragazza, hai già attaccato con 'sta storia di Babbo Natale… Ma se, alla tenera età di 4 anni, non ci credevi neanche tu...
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