lunedì 21 febbraio 2011

Un tranquillo sabato in piscina. Sottotitolo: ma chi l'ha detto che tutti i bambini sanno nuotare?

Sabato il Tipo Alto mi ha portata in piscina. È stata un'esperienza da sturbo (si può dire sturbo in un blog?) Non mi divertivo così dai tempi del liquido amniotico.
Io e lui da soli in un'acqua meravigliosa a 34°. Meglio del brodo primordiale.

Cioè, non eravamo proprio soli soli. In piscina c'erano anche altri bimbi.
Molti altri bimbi. L'acqua pullulava di bambini, tanto che non so dirvi se il tepore fosse dovuto all'effetto termale o all'ammassarsi di piccoli corpi umani snuotazzanti. E ogni bambino era accompagnato da un signore munito di cuffia.

La vasca era divisa in due: di qua i piccoli, di là i grandi. Tartarughine noi, Delfini loro. Tra i nostri c’era qualche pivello che, preso dal panico, inscenava sfoghi isterici, tanto che il suo accompagnatore era costretto a portarlo fuori dall’acqua e a filare nello spogliatoio veloce come il vento. Qualcuno addirittura azzardava un’immersione un po’ sgraziata, ma veniva subito fuori con la faccia di chi è stato appena sorpreso da una secchiata d’acqua gelida a novembre. La maggior parte di noi si limitava per lo più a sgambettare, prestando molta attenzione a rimanere ben ancorati alle rispettive teste di plastica.

Di là invece c’erano loro, i Delfini. Con i loro stupidi salvagente gialli. Si tuffavano dal materassino con la grazia della Cagnotto, recuperavano i giochini a piccole bracciate e non piangevano mai. Avranno avuto 9-10 mesi, e dall’altra parte della piscina ci guardavano di sottecchi come fossimo nati ieri. Che razza di sboroni.

Ho cercato più volte di far andare tutti via dall’acqua, ma né il trucco dell’urlo a ultrasuoni, né quello della super puzzetta hanno funzionato.
Pazienza. Alla fine ho deciso di concentrarmi solo sul mio uomo, che mi faceva galleggiare a pancia in su e mi spruzzava l’acqua in faccia con la bocca. Carino!

Ma la cosa più divertente, credetemi, è stata vedere questi marcantoni sulla trentina, con le teste strizzate dentro cuffiette di plastica, bianchi come mozzarelle di bufala prima della trascolorazione al blu diossina, costretti dalle maestre a cantare san martino campanaro suoni tu suoni tu, suona le campane suona le campane din don dan.

Roba da chiamare Fabrizio Corona e ricattarli per il resto della vita.

Un po' pampers, un po' Sangemini, un po' Nevermind.

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