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venerdì 15 febbraio 2013

Senza parole.

Senza parole. 
L'onda di Suzy Lee è un libro senza parole. Non ha neanche un vocabolo scritto tra le sue pagine, ma quando finisci di sfogliarlo ti lascia... senza parole, appunto.
Come può un libro di sole immagini raccontare la nascita di un'amicizia, la storia di un legame profondo con una tale forza narrativa? Può, e come se può.
La semplicità del tratto, solo carboncino e un tocco di acquerello direi (o sono colori a cera?), l'intensità delle espressioni, la gestualità perfettamente indovinata del personaggio riescono a farti immergere in una storia delicata e divertente meglio di quanto possano le parole più ricercate.

E poi un libro senza parole ognuno può interpretarlo come vuole, così la storia cambia a seconda di chi te la racconta oppure al mutare dell'umore del momento.


"C'era una volta una bimba che non aveva mai visto il mare"
"C'era una volta una bimba che amava il mare più di ogni cosa"
"Quella mattina Suzy si svegliò con tanta voglia di fare una passeggiata al mare"
"E l'onda andava su e giù... scrooosch...scrooosh..."
"E poi a un certo punto Splaaaaaash"

In questo modo la favola è sempre la stessa eppure sempre diversa.
Voi lo sapete quanto io ami le parole. Ma questo libro mi insegna che a volte si può fare benissimo senza.

Questo post partecipa all'iniziativa di Home Made Mamma "Il venerdì del libro".







giovedì 14 febbraio 2013

#Zebukday. Libera un libro, libera l'amore per la lettura!

Ciao a tutti, oggi per la prima volta è la Ragazza che vi parla!
Ho fatto incursione nel blog della mia figliola per una buona causa: raccontarvi e invitarvi a partecipare a #Zebukday, un'iniziativa di bookcrossing promossa da Zebuk.

Partecipare a un bookcrossing è un'esperienza emozionante. Scegliere un libro, decidere un luogo in cui lasciarlo, provare a immaginare la persona che lo troverà, la sua storia, la sua personalità, la sua sorpresa, le sue mani che lo prendono un po' dubbiose, che lo sfogliano, fino a farlo proprio.
Tante domande poi saltano in mente: "Gli piacerà?" "Sorriderà?" "Se lo meriterà?" "Ce l'avrà Instagram così da fotografarlo con l'hashtag #Zebukday?"

Dalla mia libreria ho scelto Non buttiamoci giù di Nick Hornby perché tratta temi seri con ironia e dimostra che non si può mai sapere cosa ci riserva la vita. Anche la più noiosa, anche quando tutto va male. Mi sembra un libro "universale" che può piacere un po' a tutti, anche al fortunato/a di oggi.

Per il luogo non ho avuto dubbi. O forse sì, qualcuno ce l'ho avuto, ma alla fine ho scelto il reparto di medicina interna A dell'Ospedale di Sassuolo. Quello in cui ho piacevolmente soggiornato in aprile. Vi ricordate? Alice ve lo aveva raccontato bene qui! Ci ho trascorso solo qualche giorno e non ho avuto niente di grave, ma in ogni caso è stata un'esperienza forte, di quelle che un giorno stai bene e il giorno dopo inspiegabilmente sei in ospedale. A 32 anni*. Capito come? Inutile dire che l'aspetto più pesante è stato non poter vedere Alice, che allora non aveva nemmeno 2 anni.

Mentre lasciavo il volumetto sul tavolino della stanza relax (!) ho pensato che forse questa è stata una scelta un po' egoistica. E' come se avessi voluto regalare un libro a me stessa. Alla me stessa di quei giorni lenti lenti, tra purè e minestrine, aghi e tubicini, chiacchierate con vecchiette e infermieri gentili.
Ma forse no. Forse è solo quello che deve essere: un regalo inaspettato per chi è costretto a stare lì ancora qualche giorno, per chi è appena arrivato e ha un po' paura, per chi aspettava un amico che oggi non riesce proprio a passare, per chi ha letto e riletto le sue riviste e s'iniziava un po' ad annoiare.




Questo è il racconto del mio Zebukday, e voi cosa aspettate? Liberate l'amore per la lettura, la giornata è lunga, siete ancora in tempo!

Tutte le info per partecipare le trovate sul sito zebuk.it.

E' stato bello parlare con voi, ma non ci prenderò gusto, promesso.
Baci a tutti,
La Ragazza.

*Il primo che osa dire che a 32 anni non sono più una Ragazza...

venerdì 28 settembre 2012

L'animalista della domenica.

Scena 1.
Interno giorno, salotto di casa.
Io, con l'aria più innocente del mondo: "Mamma guarda, un ragnetto. Posso ammassarlo?" (che non si dica mai che non sono di Sassuolo).
Lei, realmente scandalizzata: "Alice, cosa dici? Ma chi ti insegna queste cose? Gli animali non si ammazzano, mai, tantomeno i ragnetti. Non lo sai che il ragno porta guadagno? Hai visto mai..."
E così dicendo prende una vecchia cartolina e comincia ad armeggiare con l'aracnide.
"Su ragnetto, non fare lo sciocco, ti sto salvando la vita, sali dai" e con una spintarella del polpastrello lo convince a salire.
Poi apre la finestra e, sventagliando la cartolina, lo butta giù dal primo piano. Ma come??!! Insomma, speriamo che Mister Ragnetto sia riuscito a sparare la ragnatela dai polsi come Spiderman e ad ancorarsi al parapetto, ché se deve sfracellassi al suolo tanto valeva schiacciarlo gentilmente con la mia scarpina, no?
Scena 2.
Esterno sera. Giardino di casa dei nonni.
Io e mio nonno ci sollazziamo facendo saltare un piccolo ranocchio. È divertente!
Arriva la Ragazza. 
Io entusiasta: "Mamma, tocca anche tu il lanocchio, è mobbido. Guadda come salta!" 
E lei, con un piglio che in confronto Tata Lucia sembrerebbe dolce come un cupcake: "Alice -pausa- perché infastidisci il ranocchio? Lo spaventi, poverino. Se venisse una mano gigante e ti toccasse la schiena tu saresti contenta?"
Scesa.
Avevo dimenticato di avere per madre la paladina della giustizia, la Sailor Moon dei diritti degli animali. Mio nonno alza gli occhi al cielo cercando conforto dall'essersi ritrovato una nuora tanto scassa mar scatole.
Scena 3.
Interno giorno, cucina di casa.
Io e la Ragazza cuciniamo.
Dalla finestra aperta entra una mosca. Una di quelle nere nere e belle piene, un moscone insommma. La Ragazza è allegra, le piace cucinare con me. La mosca comincia a ronzettare qui e lá.
Lei: "Oggi cuciniamo la pasta con le verdure. Mettiamo l'acqua a bollire e prepariamo i vermicelli (mosca sui capelli). Laviamo la zucchina e poi la carota (mosca sulla gota) e poi le tagliamo, ma non a tocchi (mosca sugli occhi), le tagliamo a listarelle."
Fa un gesto per scacciare la mosca, ma senza pensarci troppo.
"Prendiamo la padella (mosca sull'ascella) e ci versiamo un po' d'olio. Poco Alice, non ne serve mica un secchio (mosca sull'orecchio). Ci mettiamo la cipolla e solo dopo le altre verdure, ché non bisogna fare le cose a caso (mosca sul naso). 
Comincia a tremolarle impercettibilmente la palpebra.
"Mescoliamo piano piano (mosca sulla mano) e aggiungiamo un po' di sale. Sembra saporito (mosca sul dito). Scoliamo i vermicelli al dente (mosca, neanche a dirlo, sul dente)."
 
Perde definitivamente l'aplomb. Caccia un grido. Brandisce il cucchiaio di legno e ...Yaaa-ta, stordisce la mosca con una scudisciata violenta, quella zigzaga, cade e quindi Pam, la finisce direttamente con un pestone.
Resta un attimo immobile. Quindi recupera un respiro normale, si accomoda una ciocca di capelli dietro l'orecchio e si rivolge a me, che la guardo con gli occhi e la bocca spalancati.
"Allora Alice, gli animali in generale non si ammazzano, ma certe mosche, qualche volta, sì."
 



P. S. Questo post racconta fatti realmente accaduti (come tutti, finora) ma nell'ultima parte è liberamente ispirato al libro "Il mostro peloso" di  Henriette Bichonnier illustrato da Pef, che ho conosciuto grazie alle libraie di Centostorie (meravigliosamente interpretato da Antonella!)
La ricetta invece è quella della "pasta alla Niki Lauda", primo gettonatissimo nella casa universitara che la Ragazza condivideva con l'amica Livia a Perugia. (Perché si chiamasse "alla Niki Lauda" non è dato sapere).


Lucilla de Il Mostro Peloso

venerdì 27 gennaio 2012

LA RUBRICA DEL VENERDì. Incredibilmente di venerdì.

E puntuale come la Ragazza non lo è stata mai, ecco a voi la seconda puntata della Rubrica Del Venerdì, oggi dedicata al già definito "tema dei temi".
Avevamo già affrontato questo interessante argomento, ma oggi parliamo di cacca riferendoci a un libro diventato ormai un must have.
Voi penserete si tratti solo di un divertente elenco di escrementi di varie tipologie, ma Chi me l'ha fatta in testa di Werner Holzwarth e Wolf Erlbruch per Magazzini Salani in realtà ha un significato molto più profondo: è un libro sulla vendetta.





La trama in breve.
Una sera una talpa, facendo capolino dalla sua tana per controllare che il sole se ne fosse andato, SPLIC, sente atterrare qualcosa di morbido e caldo, tondo e marrone, proprio sulla sua testa. Animata da un irresistibile impulso di vendetta, la talpa parte alla ricerca del colpevole, portandoci con sé in un avvincente viaggio nel mondo della cacca.
Le indagini della talpa seguono una metodologia elementare (Watson) quanto efficace: semplicemente chiede a tutti gli animali della fattoria "Ehi, sei tu che me l'hai fatta in testa?" e PRUFF, PAPATAFF, SPLUSC, PITPITPIT, nell'intento di scagionarsi, ognuno scodella, spruzzetta, spiattella, mitraglia, il suo personale escremento. 
Ce la farà la talpa a trovare l'infame evacuatore? 
Beh, non posso mica svelarvi il finale, no?
Vi dico solo la morale della favola: non sempre la vendetta è un piatto che va servito freddo, a volte è meglio caldo e fumante. (Alice, che schifo!)

P.S. Voi conoscete i libri pop up, quelli che aprendoli compongono mondi meravigliosi che i bambini della mia età e della mia delicatezza amano distruggere a piene mani, ma questo è un libro PLOP UP! Sfidando i bambini a toccare o annusare le cacche si possono passare interi pomeriggi! Provarepercredere.











venerdì 20 gennaio 2012

LA RUBRICA DEL VENERDÌ (più o meno).

Ciao a tutti amici e amiche, oggi inauguriamo una nuova rubrica, la RUBRICA DEL VENERDÌ, però dato che la costanza e la coerenza non sono il mio forte, potrete ritrovare questa rubrica il martedì, il giovedì, il venerdì del mese prossimo o anche mai più.
In questa rubrica incostante vorrei parlare con voi dei miei libri preferiti, così potrete prendere spunti per nuove letture, per qualche regalo, postare le vostre recensioni, lasciare commenti e suggerimenti. Tutto quello che volete!
Dopo avervi confessato il mio amore incondizionato per Piccolo Blu e Piccolo Giallo di Leo Lionni qui, oggi parliamo di Alice Cascherina di Gianni Rodari, con illustrazioni di Elena Temporin, per Emme Edizioni.


Questa è la prima delle otto favolette che Giannin Rodari scrisse su Alice e che furono pubblicate dal Corriere dei Piccoli nel 1961 per poi entrare a far parte nel 1962 della raccolta Favole al telefono.


Alice, oltre ad avere un nome bellissimo, è animata da una fervida curiosità, che la porta a esplorare mondi quotidiani e meravigliosi e a cacciarsi in un mare (anzi in una bottiglia) di guai. Lo so, sembra la mia biografia, ma vi assicuro che non lo è, l’Alice della Temporin è troppo magra per essere me.


Alice non si accontenta di guardare le cose dal di fuori, lei vuole entrarci dentro di persona per scoprire davvero come sono fatte. Ah, quanto mi piacerebbe diventare piccina ed entrare in un cachi gigantesco! (Per scoprire le mia avventure con il cachi leggete qui)


E voi lo avete letto? Vi è piaciuto?


Curiosando nel web sono cascata in queste illustrazioni di Benedetta Nigelli, che trovo deliziose e che mi somigliano già di più.



domenica 4 dicembre 2011

Consigli per gli acquisti natalizi.

Si avvicina il Natale e io, per grazia ricevuta, non sono ancora stata vestita di rosso (leggete un po’ cosa accadeva solo un anno fa).
Con l’arrivo delle feste vedo sempre più adulti arrovellarsi e affaccendarsi per i regali di Natale. Dall’alto dei miei 86 centimetri, vorrei darvi un consiglio: ai vostri bambini regalate un libro.
I giocattoli si dimenticano, un libro, il più delle volte, è per sempre.
Volete sapere QUALE libro? Beh, andate in una libreria per bambini (ho detto LIBRERIA, non supermercato) e, tralasciando le case editrici più blasonate con le copertine Made in China più lucide della mela avvelenata, lasciatevi ispirare.
Troverete fiabe millenarie oppure nuove nuove, con illustrazioni magiche che restano nel cuore. Ci sono storie meravigliose da lasciare a bocca aperta e altre così semplici da far venire le lacrime agli occhi.
Come quella di Piccolo Blu e Piccolo Giallo di Leo Lionni, la storia di due macchie di colore che un giorno, ritrovandosi, si abbracciarono così forte, ma così forte, che diventarono un’unica macchia verde. Non è stupendo?
Sono nuova del mondo, ma credo che Piccolo blu e piccolo giallo abbia in sé l’essenza stessa della vita, dell’amore. Perché è questo che facciamo tutti, no? Cerchiamo e aspettiamo un piccolo rosso con cui fare viola, un piccolo bianco con cui fare azzurro, che non deve essere per forza un bambino come me, ma può essere una storia d’amore, un’amicizia, un pezzetto di strada insieme, una conversazione interessante, uno sguardo di intesa, una notte di passione o di conforto.
È per questo che vi dico, gente, abbracciatevi. Perché non sapete quali colori potreste creare ogni volta.

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